“A inizio febbraio 1944 il 1° raggruppamento motorizzato, embrione del ricostituendo esercito monarchico comandato dal generale Umberto Utili, sta finalmente per entrare in linea. Gli Alleati lo aggregao al corpo di spedizione francese, ovvero alla 2° Divisione marocchina del generale Guillaume, che il 5 febbraio riceve il generale Utili per coordinare i piani bellici. Viene deciso, per l’indomani mattina, il trasferimento da Sant’Agata de’ Goti (Benevento) verso Caserta, in prossimità delle postazioni tedesche sul Monte Morrone. Rientrato in serata, il comandante trova burrasca. Un giovane bersagliere gli confida in lacrime l’invincibile ripugnanza al combattimento, condivisa dai commilitoni del 51° battaglione (diretto da capitano Ferdinando Borelli), dei quali egli è il portavoce. Il generale parla lungamente al soldato e comprende come «distraziatamente per quei givani ora si erano rotte tutte le molle ordinarie della resistenza morale: disciplina, coesione dei reparti, severità inesorabile della legge militare». In tono paterno, riconforta il bersagliere e lo manda in camerata con l’impegno a richiamare tutti al dovere. Poi telefona a Borrelli per informarlo della novità, infine – convinto di aver risolto il problema – se ne va a dormire. La mattina successiva, durante l’allestimento delle autocolonne in partenza per Montaquila, mancano all’appello due terzi di una compagnia del 51° battaglione bersaglieri, con una percentuale elevatissima di allievi ufficiali. Nel complesso, oltre duecento militari sono irrintracciabili e un gruppetto rimasto in sede motiva in un documento il rifiuto del combattimento. Utili è fuori di sé, anche perché la truppa dimostra poca o nessuna intenzione di battersi. Siccome l’urgenza della partenza impedisce di rastrellare gli «assenti arbitrari», fa suonare l’adunata. Si scaglia contro quel tradimento della peggiore specie, perpetrato mentre Alleati e italiani confidano nel nuovo esercito. Giura che chi è fuggito «alla vigilia di entrare in linea e sotto gli occhi dei francesi» pagherà caro l’ammutinamento. La compagnia dei bersaglieri, pur meritevole della decimazione, partirà comunque per il fronte e saprà battersi anche per gli assenti, riscattando l’ignominia. Intimoriti dalla reprimenda, i soldati salgono sugli autocarri in partenza per la Campania. Nelle sue memorie (scritte nel 1946-47), il generale chioserà: «Intenzionalmente mi mostrai crucciato con tutti e disposto a ricorrere a qualunque estremità. Non volli dar segno di ammettere circostanze attenuanti sebbene non ignorassi che esistevano. Il fatto è che avvertivo il franamento morale che avrebbe trascinato nella rovina anche le altre unità» (50). In effetti, quel 6 febbraio 1944 ogni formazione – a eccezione dei paracadutisti – à debilitata dalle diserzioni” (pag 203-204) [Mimmo Franzinelli, ‘Disertori. Una storia mai raccontata della Seconda guerra mondiale’, Mondadori editore, Milano, 2016] [(50) Utili, “Ragazzi, in piedi!…”, cit., pp 118-119]
1944, ‘franamento morale dei soldati italiani’
- Autore dell'articolo:Gianfranco Bozzano
- Articolo pubblicato:26 Giu 2025
- Categoria dell'articolo:ISC NEWS