Lo sciopero generale proclamato dall’Alleanza del lavoro il 31 luglio del ’22 e la critica di Tasca

“Dove si sono registrate le note dolenti, aggiunge Gramsci, è nell’organizzazione; e a ragione denuncia “il carattere pigro e incerto” della dirigenza dell’ Alleanza dei lavoratori” (221). Ma lo stesso Gramsci condivide con Bordiga e gli altri dirigenti del PCdI la responsabilità di un sostanziale rifiuto del fronte unico politico contro il fascismo (222); così come è dell’intera dirigenza comunista l’errore del mancato appoggio all’organizzazione antifascista degli Arditi del Popolo (223). Benché sembri ingiusto il giudizio di Angelo Tasca (“il Partito comunista è stato politicamente assente dalla lotta contro il fascismo” (224)), rimane vero che l’obiettiva, tenace resistenza opposta dalla classe operaia all’avanzata fascista è assai più frutto spontaneo dei singoli, che non opera consapevole delle organizzazioni. L’ultima barricata del proletariato italiano davanti all’assalto delle camicie nere ò lo sciopero generale proclamato dall’Alleanza del lavoro il 31 luglio del ’22. Tasca ha scritto una pagina memorabile su quella che definisce icasticamente “la Caporetto socialista”: ma non sembra di poter condividere il giudizio drasticamente negativo sull’iniziativa (225). Essa in se stessa appare del tutto giustificata, anche se probabilmente tardiva; certamente esprime un bisogno reale delle masse operaie di organizzare la lotta antifascista sull’intero territorio nazionale, con decisione e fermezza. Ma lo sciopero viene impostato sul terreno armai del tutto inefficace, della protesta legalitaria, e, mentre fornisce ai fascisti il pretesto per un nuova, forsennata azione generale di rappresaglia e di intimidazione (a cominciare dai ferrovieri, da sempre bestia nera del fascismo (226), tradisce una tragica impotenza del movimento operaio. “Questo popolo che non vuol rassegnarsi alla schiavitù,. questi ferrovieri che vengono prelevati a domicilio, rivoltella in pugno, per costringerli a riprendere il lavoro mentre bruciano le loro case, questi operai che hanno ragioni di principio e di solidarietà e che ricominciano ancora una volta, perché si è detto loro che così si potrà arginare l’offensiva fascista, queste masse condannate a spossarsi in sforzi che non trovano alcun punto di applicazione, avrebbero meritato ben altre guide e ben altra sorte” (227)” (pag 284-285) [Angelo D’Orsi, ‘La rivoluzione antibolscevica. Fascismo, classi, ideologie (1917-1922)’, F. Angeli, Milano, 1995] [(221) Cfr. Tasca, ‘Nascita e avvento del fascismo’, cit., II, pp. 335 ss; (…); (222) Cfr. A. Tasca, ‘I primi dieci anni del Pci’ (…); (223) Cfr. Spriano, ‘Storia del partito comunista’, cit, I., pp. 137 ss; (224) Tasca, op. ult. cit., pp. 122-123); (225) Tasca, ‘Nascita e avvento…’, cit., II, pp. 335 ss (…); (226) Cenni al rapporto ferrovieri-fascismo in Cordova, Le origini…, cit., passim; (227) Tasca, op. ult. cit., II, pp. 339-40]