La Resistenza a Genova. Dalla nascita del CLN Liguria al 25 aprile 1945

“Analogamente a quanto avveniva nel resto dell’Italia occupata, anche in Liguria si costituì un Comitato di Liberazione nazionale subito all’indomani dell’annuncio radiofonico dell’armistizio e della conseguente fuga del re da Roma. La mattina del 9 settembre 1943, infatti, quando la situazione politica era ancora estremamente confusa (95), i rappresentanti delle cinque forze politiche, che già il 28 luglio avevano dato vita al locale Comitato dei partiti antifascisti (96), si riunirono nello studio dell’avvocato democristiano Filippo Guerrieri e fondarono il Comitato di Liberazione nazionale per la Liguria. Erano presenti all’incontro Guerrieri e Paolo Emilio Taviani per il PDC, Errico Martino per il PLI, Giuseppe Bianchini per il PCI, Eros Lanfranco per il PdA, Vannuccio Faralli e Marcello Cirenei per il PSIUP (97). A dispetto dell’ironia con cui questo episodio venne trattato dalle autorità fasciste e, in particolare, dall’efferato capo della Provincia di Genova Carlo Emanuele Basile (98), che in alcune relazioni riservate faceva riferimento ad esso come a un “Comitato di avvocati” privo di reale seguito (99), il CLN Liguria si rivelò, invero, un organismo complessivamente efficiente. Se l’organizzazione dell’insurrezione dell’aprile 1945, che avrebbe portato alla liberazione della città e alla resa delle truppe tedesche alle formazioni partigiane, costituisce senz’altro il momento più alto del suo operato, tanto che si parla di “insurrezione modello” (100), il CLNL dimostrò in realtà, fin dal momento dell’insediamento, buone capacità operative, riuscendo a supplire con l’impegno, sia a un iniziale deficit organizzativo, sia ai problemi derivanti dall’inesperienza” (62-63) [Guido Levi, ‘L’origine del federalismo europeo organizzato a Genova e in Liguria. Dalla Resistenza alla petizione per il Patto di Unione federale dell’Europa, 1943-1950] [(95) Sebbene la situazione fosse incerta “così come si era verificato il 25 luglio, anche a Genova, nonostante l’ora tarda e il coprifuoco, vi furono esplosioni di giubilo straordinario. Non tenendo conto dell’oscuramento, la città si illuminò festosamente, mentre già le pattuglie tedesche, «come tentacoli di un gigantesco polipo», si muovevano verso i punti nevralgici da tempo prestabiliti”. In Brizzolari, op. cit. p. 51; (96) “Alla riunione costitutiva del Comitato dei partiti antifascisti di Genova, che si svolse in via XX settembre nello studio dell’avv. azionista Giulio Bertonellli, parteciparono Gerardo Barbareschi, Bordiga, Dante Bruzzone, Marcello Cirenei e Vannuccio Faralli per i socialisti, Giuseppe Bianchini e Marongiu per i comunisti, Filippo Guerrieri, Paolo Emilio Taviani, Giulio Marchi e Augusto Solari per la democrazia cristiana, Bertonelli ed Eros Lanfranco per gli azionisti e, infine Enrico Martino e Francesco Manzitti per i liberali. In questa riunione venne sottoscritto il “Manifesto dei sei partiti antifascisti” approvato a Milano nella riunione del 26 luglio, nel quale si chiedeva, oltre alla liquidazione totale del fascismo, al ripristino di tutte le libertà civili e politiche, alla liberazione immediata di tutti i detenuti politici, e all’abolizione delle leggi razziali, anche l’armistizio e la costituzione di un nuovo governo formato dai rappresentanti di tutti i partiti che esprimevano la volontà nazionale. Cfr Brizzolari, ‘Un archivio della Resistenza in Liguria’, Genova; 1974, pp. 42-46; (97) Le prime riunioni del CLNL non si svolsero però in questa sede (…); (98) Carlo Emanuele Basile è stato una delle figure più tristemente note del fascismo genovese negli anni della Repubblica di Salò (…), (99) Cfr. Luca Borzani e Antonio Gibelli, a cura, ‘Genova in guerra nell’ultimo conflitto mondiale’, Genova, 1992, p. 159; (100) L’espressione “insurrezione modello” è ormai entrata nella consuetudine per definire quella lotta popolare per la liberazione del capoluogo ligure alla quale presero parte migliaia di cittadini genovesi, che affiancarono negli scontro i GAP e le SAP, oltre alle formazioni partigiane di montagna calate in città. Per una ricostruzione dell’episodio, si veda, oltre alle opere sopra citate, anche Roberto Battaglia, ‘Storia della Resistenza italiana. 8 settembre 1943-25 aprile 1945’, Torino 1964, pp. 539-544 e Giorgio Bocca, ‘Storia dell’Italia partigiana, settembre 1943 – maggio 1945, Roma-Bari 1966, pp. 592-594. Ricordiamo che si trattò probabilmente dell’unico caso verificatosi in Europa, nel corso del secondo conflitto mondiale, in cui un corpo d’armata tedesco si arrese ufficialmente alle formazioni partigiane. Alto fu comunque il tributo di sangue versato dai partigiani e dai cittadini genovesi: circa trecento morti e ben tremila feriti. Taviani ricorda infine che furono importanti le conseguenze dell’episodio sulle operazioni belliche del resto del nord Italia, “perché i nazisti furono dunque costretti a rinunciare a quella ormai famosa ultima linea di resistenza a oltranza sul Po per la quale cosa Kesserling aveva predisposto da oltre un anno piani meticolosi e nella quale fino all’ultimo aveva sperato. Dovette (invece) evacuare Milano e la guerra terminò in Italia con due settimane d’anticipo”, in Taviani, ‘Pittaluga racconta’, cit., pag: 195]