‘L’importanza e il valore dell’opera storiografica di Ludwig Dehio, e, quindi , la ragione per cui egli trova legittimamente posto in questa collana sono legate fondamentalmente a due libri, ‘Equilibrio e egemonia’ (1) e ‘La Germania e la politica mondiale del XX secolo’ (2), e a una serie di saggi, tutti scritti e pubblicati dopo la Seconda guerra mondiale e cioè nell’ultimo periodo della sua vita” (pag 5, introduzione)” [(1) ‘Equilibrio o egemonia. Considerazioni sopra un problema fondamentale della storia politica moderna’, Brescia, 1954 (indicata con sigla E.); (2) L. Dehio, ‘Deutschland und die Weltpolitik in 20 Jahrhundert, München, 1955, trad. it., di A. Cavalli, Milano, 1962, ‘La Germania e la politica mondiale del XX secolo’ (indicata con sigla G.]; “Naturalmente il crollo della Repubblica di Weimar e la vittoria dell’alternativa fascista hanno le loro cause prossime nella grande crisi del 1929. Questa, d’altra parte, non può essere considerata come un fenomeno isolato o casuale rispetto ai fattori di crisi del sistema europeo che danno un’impronta determinante al processo storico postbellico, ma è al contrario a essi strettamente connessa. La crisi ebbe infatti, secondo Dehio, la sua radice principale nella contraddizione fra lo sviluppo della civilizzazione economica, che rendeva sempre più interdipendente il mondo intero e spingeva all’unificazione su scala continentale e, in prospettiva, mondiale, e l’organizzazione politica del mondo fondata su Stati sovrani e quindi priva di strutture politiche in grado di gestire adeguatamente l’interdipendenza crescente e, concretamente, di imporre una linea comune di fronte alla crisi (59). Questa contraddizione, che era ormai in fase acuta in Europa, cominciava a manifestarsi anche sul piano mondiale e produsse appunto, con la grande crisi, la tendenza da parte di ogni Stato a chiudersi ancor più in se stesso di fronte alle accentuate difficoltà economiche e portò, di conseguenza, a un crollo del mercato mondiale che per le già asfittiche economie europee ebbe effetti catastrofici (60). In sostanza, con la crisi del ’29 il problema generale della decadenza degli Stati nazionali europei entrò in una fase cruciale e si presentò in termini più acuti e drammatici in Germania a causa della sua più accentuata dipendenza dal commercio estero e della ristrettezza del suo territorio in confronto con le esigenze del suo sviluppo economico” (pag 129-130) [Sergio Pistone, ‘Ludiwig Dehio’, Guida Editori, Napoli, 1977] [(59) E., p. 279. A un’interpretazione analoga, ma elaborata in modo più approfondito e con l’ausilio di rigorosi strumenti scientifici di analisi economica, della crisi del 1929 erano giunti negli anni successivi alla crisi e nel corso della Seconda guerra mondiale i più lucidi sostenitori dell’esigenza dell’unificazione federale europea. Cfr. in particolare L. Robbins ‘L’economia pianificata e l’ordine internazionale’, 1938, trad. it., Milano, 1948 e L. Einaudi, ‘I problemi economici della Federazione Europea’, Lugano, 1944, raccolto in ‘La guerra e l’unità europea’, Milano, 1948. Per un inquadramento generale cfr. S. PIstone, ‘L’idea dell’unificazione europea dalla prima alla seconda guerra mondiale’, cit.; (60) In ‘Versailles’, pp. 103-109, Dehio osserva che la Società delle Nazioni avrebbe potuto funzionare validamente come strumento per gestire la crescente interdipendenza a livello mondiale soltanto alla condizione che vi avesse partecipato l’America esercitandovi una forte ‘leadership’]