Jugoslavia. Sulla pratica italiana di deportare interi nuclei di popolazione civile residenti nelle aree di azione partigiana in campi di concentramento

“Il Terzo Reich ben presto avvia la penetrazione nello Stato croato così come l’Italia inaugura un sanguinoso regime d’occupazione nella Jugoslavia oramai smembrata. Un regime d’occupazione nella sostanza inefficace e inefficiente, incapace di raggiungere gli obiettivi prefissati, semmai capace solo di inimicarsi le popolazioni locali, incrementando ancora di più le tensioni preesistenti (49). Le violente repressioni, a volte pari a quelle tedesche, sono mitigate soltanto dalla minore potenza dell’apparato militare italiano. È tutta nostrana, per esempio, la pratica di deportare interi nuclei di popolazione civile residenti nelle aree di azione partigiana in campi di concentramento istituiti in Italia e nell’allora territorio italiano in Croazia (Gonars, in provincia di Udine, e isola di Arbe/Rab, nel Quarnaro). A fronte di ciò si verifica lo sviluppo, a partire dall’estate del 1941, di un vasto movimento resistenziale dai tratti disomogenei e con interne propensioni centrifughe, ma che nel corso del tempo si assesta e si coagula, non senza scossoni, violenze e tensioni nel suo stesso seno, intorno alla figua di Josip Broz Tito. Data a quel periodo la nascita dei primi nuclei partigiani nei territori sloveni e i loro contatti con le altre comunità nazionali jugoslave così come la costituzione del fronte di liberazione interetnico. Alla quale si associa l’assunzione della direzione della lotta armata e dell’indirizzo politico per parte del Partito Comunista, organizzato su basi nazionali, ma capace di unire etnie distinte. In buona sostanza, con il 1942 lo scenario è quello di una regione dove le autorità militari, soprattutto quelle italiane, non controllano più tutto il territorio, impegnate come sono a rispondere, colpo dopo colpo, agli attacchi dei partigiani. La spirale innescatasi è tale da sopravanzare le le risorse e le attitudini gestionali del Regio Esercito, coinvolto in un’estenuante lotta, tra attentati, rappresaglie e ritorsioni, i cui effetti si riverberano subito sulla popolazione civile” (pag 121-124) [Claudio Vercelli, ‘Capire le foibe’, Edizioni del Capricorno, 2025] [(49) Su questo e altri aspetti cfr. l’ampio, rigoroso e innovativo studio di Davide Rodogno, ‘Il nuovo ordine mediterraneo’, Bollati Boringhieri, Torino; 2003]