“La Commissione polacca per i crimini di guerra ha riferito che cinquemila zingari sarebbero stati massacrati a Chelmno (133), ma i particolari non sono stati rivelati in modo esauriente e le stime risultano approssimative. Un’altra fonte parla infatti di quindicimila zingari presenti tra il milione e trecentomila persone sterminate in quella località (134). Diverse migliaia di zingari provenivano da Lodz, dopo la liquidazione del ghetto di quella città; altri erano stati rastrellati in varie zone della Polonia. Per la soppressione di alcuni gruppi i tedeschi si servirono dei gas tossici e delle mitragliatrici (135). Uno dei primi lager ad accogliere gli zingari era stato Dachau, dove nel 1936 ne erano stati internati circa quattrocento con il pretesto che trattavasi di elementi asociali (136). Joseph Kramer, che quell’anno lavorava nella fureria del campo, ha detto che «nel lager si trovavano allora soltanto internati politici, delinquenti comuni, mendicanti e zingari. Le sentinelle avevano l’ordine di sparare a vista su chiunque tentasse di evadere» (137). Arpad Krok racconta come fosse stato arrestato all’età di dodici anni nella zona ungherese della Slovacchia e come, dopo un breve soggiorno in un campo di concentramento ungherese fosse stato inviato a Dachau. Qui aveva contratto il tifo e quindi scaraventato su un mucchio di cadaveri, ma una dottoressa delle SS lo aveva recuperato e gli aveva dato qualcosa da mangiare. Solo così poté sopravvivere fino alla liberazione di Dachau ad opera degli americani (138). Un lager riservato esclusivamente agli zingari era quello di Lackenbach, dove i primi internati erano giunti nel 1940. L’anno seguente iniziarono le deportazioni in massa degli zingari d’Austria. Poiché era posto sotto l’amministrazione della Criminalpol, e non delle SS, Lackenbach non ebbe mai ufficialmente la qualifica di campo di concentramento, ma le condizioni che vi regnavano era identiche a quelle degli altri lager: anche se mancava il reticolato percorso dall’alta tensione, erano regolarmente in atto appelli e contrappelli, le pene corporali, il lavoro coatto. Tuttavia si permetteva agli internati di vivere a gruppi familiari” (pag 188); “Sempre nel 1944 gruppi di zingari prelevati a Sachsenhausen, Buchenwald e in altri lager, furono condotti nel centro di Dachau per essere sottoposti ad una serie di esperimenti che consistevano in iniezioni di sale in soluzione. È stato detto che in parte trattavasi di volontari, ma un testimone ha ricordato che almento due si erano sottoposti all’esperimento soltanto per sfuggire al reparto di disciplina. Beiglböck, che faceva parte del gruppo dei ricercatori, si accorse che alcuni zingari avevano continuato a bere acqua e, montato su tutte le furie, li accusò di essersi prima presentati volontari e di aver poi disobbedito agli ordini (213). L’ex internato Franz Blaha, testimone oculare di questi esperimenti, dice nel suo racconto che, nell’autunno del 1944, ad un gruppo di quaranta o ottanta tra zingari e ungheresi rinchiuso in uno stanzone, per cinque giorni non fu dato altro che acqua salata. Non vi furono morti, ma soltanto perché forse gli altri internati erano riusciti a far giungere segretamente ai reclusi cibo ed acqua dolce (214)” (pag 198) [Donald Kenrick Grattan Puxon, ‘Il destino degli zingari. La storia sconosciuta di una persecuzione dal Medioevo e Hitler’, Rizzoli, Milano, 1975] [(133) ‘German Crimes in Poland, p. 111. Vedi anche Ficowski (1965); (134) Black Book, p. 377; (135) Processo per Chelmo, gennaio 1963; (136) Novitch, 1965, p. 36; (137) Phillips, p. 721; (138) c.p.; (213) Mitscherlich e Mielke, p. 114, Nr. Doc., NO-911; (214) PS-3249, US-663, NO-911, NO-3342]