“La Polonia del 1939 aveva (…) una superficie di 389.720 kmq con una popolazione, in cifra tonda, di 35 milioni di abitanti; la Polonia attuale (1964) ha una superficie di 311.700 kmq con una popolazione, in cifra tona, di 30 milioni di abitanti. Ma quel che più conta è che, non solo la composizione etnica del paese è mutata quantitativamente, e soprattutto qualitativamente (basta pensare alla scomparsa di oltre tre milioni di ebrei e di sette milioni fra Ucraini e Russi bianchi), ma lo struttura economica e sociale delle due Polonie è profondamente diversa: quella del 1939, a grande prevalenza agricola, quella di oggi , in lievissima prevalenza industriale. L’asse geografico ed economico del Paese si è inoltre spostato materialmente di 200 km verso Occidente, verso il cuore dell’Europa. La Polonia ha perduto con la Seconda guerra mondiale un territorio di 78.020 km quadrati, in generale poco produttivo e con agricoltura estensiva e attrezzature insufficienti e nel complesso classificabile come aria depressa; ha guadagnato invece un nuovo territorio di 102.800 km quadrati ad altra produzione mineraria e industriale e con un’agricoltura che aveva progredite tradizioni tecniche e un relativamente buon rendimento. Territorialmente, due terzi delle Polonia sono costituiti dalle vecchie province (kmq 208.900), un terzo (102.800) dalle nuove; ma, etnicamente, la nazione, per effetto delle perdite umane durante la guerra e delle emigrazioni e delle immigrazioni, è in gran parte un nuovo amalgama, razzialmente più compatto e polacco al 97%, ma socialmente ed economicamente ancora in processo d’assestamento, per il lento e difficile inserimento produttivo di più di due milioni di profughi dalle provincie dovute cedere alla Russia e l’assorbimento di un incremento naturale di popolazione che (ad un ritmo che in certi anni ha raggiunto il 19,5 per mille, ma che adesso si è molto rallentato) ha portato da 23 milioni di abitanti nel 1946 a più di 30 milioni oggi. Con lo stesso rapido ritmo ha proceduto l’urbanizzazione. Mentre nella Polonia dell’anteguerra, solo il 27% della popolazione viveva nei centri urbani, e di questi solo il 10% in 11 città con più d 100.000 abitanti, oggi si può calcolare che circa il 50% della popolazione abiti nei centri urbani, e di questi, ben 22 superano i 100.000 abitanti, rendendo tragico il problema dell’abitazione, reso già difficile dalle distruzioni belliche in città come Varsavia, Breslavia, Danzica, Stettino, e tante altre minori” (pag 412-415) [‘Auspex’, ‘La Polonia dopo quindici anni di comunismo’, Nuova Antologia, n. 1959, marzo 1964]