Nazismo: ‘l’autorità carismatica hitleriana e la mancanza di un’ideologia ufficialmente definita’

“Questo processo di crescita graduale della autorità carismatica di Hitler si basò su alcune condizioni indipendenti dalla sua personalità e dalla sua straordinaria capacità di persuadere e di convincere la gente nei rapporti faccia a faccia. La prima di queste condizioni consisté nella particolare struttura organizzata del partito. L’adozione del ‘Führerprinzip’ come regola fondamentale significò l’abolizione completa di ogni regolamento formale concernente il processo decisionale e la legittimazione dell’autorità. Non c’erano né organi assembleari, né meccanismi rappresentativi, né limitazioni procedurali per le azioni partitiche (46); l’autorità suprema risiedeva nel leader del partito, che per parte sua era stato legittimato da non ben definiti atti plebiscitari di consenso. Egli, a sua volta, nominava i leaders di livello inferiore, che nel proprio campo godevano dell’autorità suprema, quale era stata loro trasmessa da Hitler e indipendentemente dal consenso formale dei loro subordinati. Per di più Hitler tracciò un complicato reticolo di giurisdizioni tra di loro in competizione, in questo modo collocando se stesso nella posizione centrale di supremo arbitro dei conflitti. Questo sistema di autorità rivali, personalizzate e prive di un una titolarità istituzionalizzata della propria specifica area di competenza, manteneva il partito in uno stato di disorganizzazione artificiale che soltanto Hitler poteva tenere sotto controllo attraverso decisioni arbitrarie e non soggette ad alcuna limitazione in termini procedurali o di precedenti. C’era una sorta di corrispondenza tra l’anarchia organizzata e la necessità di un’autorità suprema, il che non faceva che accrescere, attraverso un processo di stimolazione circolare, la posizione di Hitler e la dipendenza dai leaders di grado inferiore dalla lealtà personale nei suoi confronti. L’estrema autonomia di Hitler rispetto alle domande del partito gli dava la possibilità di intraprendere qualsiasi azione e anche di lasciare insoluti conflitti e diatribe ideologiche, riuscendo così ad integrare interpretazioni molto divergenti delle finalità e dei fondamenti ideologici del Nazismo. Con questo arriviamo alla seconda condizione dell’autorità carismatica hitleriana: la mancanza di un’ideologia ufficialmente definita. Il programma partitico, espresso nei venticinque punti del 1920, era una raccolta piuttosto arbitraria di sentimenti e di richieste particolaristiche, priva di ogni coerenza intellettuale e di sbocchi pragmatici. Nel 1926 Hitler proclamò questo programma inalterabile, escludendo così qualsiasi discussione teorica su questione ideologica; egli e soltanto egli poteva interpretare l’ideologia nazista. (…) Il terzo aspetto da mettere in rilievo è che Hitler evitò con estrema decisione qualsiasi alleanza con organizzazioni che fossero al di fuori del raggio della sua autorità suprema. Fin dall’inizio lottò contro ogni forma di collaborazione con altri raggruppamenti di destra o ‘völkisch’, anche quando accordi del genere gli avrebbero garantito una maggiore influenza sulla scena politica. L’autonomia interna e l’indipendenza esterna furono i principi guida che egli osservò sempre, mettendo rigidamente da parte ogni considerazione concernente la crescita, l’influenza o la stabilità del movimento” (pag 294-295-296-297) [Juan Linz Paolo Farneti M. Rainer Lepsius, ‘La caduta dei regimi democratici’, Il Mulino, Bologna, 1981, saggio di M. Rainer Lepsius ‘Il caso tedesco dalla frammentazione partitica alla presa del potere nazional-socialista’]