Ernesto Ragionieri, storico del Pci, a proposito del patto Hitler-Stalin del 1939

“Che negoziati per un accordo commerciale fra Germania e Urss fossero in corso fino dalla primavera, era noto a tutti, fra l’altro, da accenni contenuti nei discorsi di Stalin e di Molotov rispettivamente del 10 marzo e del 31 maggio; e proprio la circostanza di fatto che il governo sovietico li rendesse di pubblica ragione induce a ritenere che il loro principale intento di carattere politico, rientrasse nell’ammonimento agli occidentali perché si decidessero a stipulare un equo patto di mutua assistenza, Che, via via che le trattative per quella alleanza si palesassero più difficili a causa della riluttanza degli occidentali, i sovietici abbiano fatto cautissimi sondaggi presso i tedeschi circa la possibilità di condizionare il proseguimento delle trattative commerciali a fondamenti politici, è possibile. È necessario però aggiungere che dai documenti finora pubblicati risultano assolutamente destituite di fondamento le asserzioni della pubblicistica antisovietica che l’Urss avesse già scelto l’alleanza con la Germania quando trattava con gli inglesi e coi francesi e che mandasse le trattative per le lunghe soltanto per far pagare più caro a Hitler il prezzo dell’alleanza. Di specifiche proposte sovietiche, per non parlare di quei piani di vera e propria divisione di sfere di influenza quali si affacciano nelle conversazioni londinesi fra inglesi e tedeschi della fine luglio – inizio agosto, non si trova traccia nei documenti. Neppure la raccolta dei documenti pubblicati dal Dipartimento di Stato autorizza minimamente a una simile conclusione; tanto è vero che si sono dovuti sollecitare i documenti facendo entrare in scena una fantomatica diplomazia personale di Stalin (33)!. È esatto invece che le testimonianze e le memorie dei diplomatici tedeschi, anche dei più sofisticati e «aggiornati», come il sottosegretario agli Esteri von Weiszächer (34), sono concordi nel sottolineare l’atteggiamento antitedesco dell’Urss e nel rilevare la buona disposizione sovietica a sottoscrivere un accordo con la Francia e con l’Inghilterra. Ebbene, i verbali testé pubblicati delle conversazioni di agosto delle missioni militari, analizzati in sé e confrontati con gli altri documenti disponibili, dimostrano che l’Unione sovietica puntò fino all’ultimo sul successo delle trattative. Ma insistervi ulteriormente, quando, ogni possibilità di successo era svanita, avrebbe significato votarsi al suicidio. La decisione di stringere un patto di non aggressione, forse già soppesata alla fine di luglio come una eventuale carta di riserva nel caso oramai chiaramente paventabile di un fallimento dei negoziati con gli anglo-francesi, fu presa soltanto dopo il 15 agosto: queste le conclusioni più fondate cui sono giunti gli studiosi più equilibrati (35) e che questi documenti confermano, contribuendo a chiarire l’origine della decisione sovietica. Questa, sotto forma di assenso alla proposta tedesca di intavolare immediati negoziati, fu comunicata da Molotov a von Schulenberg il 17 agosto. La Germania volle bruciare le tappe e concludere quasi simultaneamente il trattato economico e il patto di non aggressione. Il 22 agosto Ribbentrop volava verso Mosca e il 23 il patto era sottoscritto dalle parte contraenti. Sul contenuto e il significato del patto di non aggressione tedesco-sovietico si è sbrigliata la più accesa fantasia, mossa dalla speculazione anticomunista. Si è parlato di naturale «causa comune» fra nazismo e comunismo, di «patto di aggressione» tedesco-sovietico ai danni della Polonia, di «quarta spartizione» della Polonia, e così via, quando addirittura la versione aggiornata dall’anticomunismo non ha stimolato qualche sospetto antinazista a intentare un postumo processo a Hitler circoscritto al semplice fatto che col patto tedesco-sovietico egli avrebbe aperto all’Urss le porte della Europa e sarebbe responsabile di fronte alla storia dell’«irrompere di questa incalcolabile potenza euro-asiatica» (36)” (pag 634-635) [Ernesto Ragionieri, ‘Origine diplomatiche della guerra mondiale. A vent’anni dallo scoppio del conflitto’, Rinascita, Roma, n. 9, settembre 1959] [(33) Tale è infatti il punto di partenza dell’argomentazione di A. Rossi, ‘Due anni di alleanza tedesco-sovietica (1939-1941), Firenze, La Nuova Italia, 1951; (34) Egli riferisce che nel maggio-giugno 1939 i sovietici erano ancora “fortemente diffidenti” (E. v. Weizsacker, Erinnerungen’, München-Leipzig, Paul List. pag 233); (35) Stuart R. Schram, L’Union Soviétique et les états baltes’, in ‘Les frontières européennes de l’Urss’, cit., pag 417, che discute criticamente la precedente letteratura sull’argomento. Ma l’analisi potrebbe essere estesa. Falsa risulta , dalla esatta cronologia degli avvenimenti, l’affermazione di Churchill (op. cit., pag 425), secondo la quale nello stesso momento in cui iniziavano le conversazioni delle missioni militari, «il governo sovietico aveva acconsentito a ricevere la visita di un inviato tedesco»; (36) Cfr. W. Hofer, ‘Die Entfesselung des zweiten Weltkriegs’, Stuttgart, 1955, pag 56 e sgg. Per una critica di questa e di altre deformanti interpretazioni si veda L. Stern, ‘Die Haupttendenzen der reaktionären Geschichtschreibung über den zweiten Weltkrieg’, cit, pag 9 e sgg.]