Gli occhi acuti di Hasek scoprirono il popolo e la borghesia nei giorni del tramonto dell’impero austro-ungarico sotto il fuoco della guerra

‘Quando Jaoslav Hasek ebbe tra le mani le prime copie delle «Avventure del buon soldato Svejk», non s’immaginava certo che la morte stava già per scrivere «fine» alla sua avventurosa vita di giornalista, di bettoliere e di turlupinatore, che aveva seminato di risate e di scandali e di umoristici «pezzi» di colore Praga e l’intera Boemia. Né egli poteva neppur sognare che il suo eroe (il quale per tanti vizi assomigliava come una goccia d’acqua al proprio creatore, così da apparirne il ritratto spiccicato) sarebbe in breve assurto agli onori della letteratura universale, accolto nell’onorata compagnia di Morgante, di Sancio Pancia, Gargantua e Oblomov. Figlio di un povero supplente di scuola media, Hasek aveva conosciuto ancor ragazzo la fame e la miseria, aveva vagato per i bassifondi praghesi, aveva dormito all’albergo delle stelle sulle panchine dei parchi e dotto gli androni ed i ponti, alternando i fuggevoli periodi di discreta fortuna a quelli dominati dalla micragna. Alternando l’ozio e la disoccupazione a mille mestieri e imprese falliti fin dall’inizio, Hasek aveva presto imparato a conoscere la società e gli uomini dalla incomoda prospettiva di una assoluto libertà individuale senza confini, ma senza rifugio. Però da questa prospettiva, diremo così, alla rovescia, gli occhi acuti e disincantati di Hasek scoprirono il popolo e la borghesia cechi ai giorni del tramonto dell’impero austro-ungarico meglio forse d’ogni altro scrittore del tempo. (…) Era quello il momento in cui appariva palese, al fuoco della guerra, il disfacimento dell’Austria ferocemente tedesca, bigotta, militarista e burocratica. Ma Hasek, nel suo antieroe, proiettò anche, più o meno inconsciamente, l’istintiva sfiducia nei valori convenzionali e quindi pronunziò una condanna che trascendeva il momento e il bersaglio diretto. Col ridicolo, Hasek non colpì solo l’assurda guerra ormai perduta, ma la società che la promuoveva e la esaltava attraverso un meccanico gioco, spaventosamente brutale, di istituzioni e di menzogne convenzionali. Davanti al carosello delle marionette in uniforme, crudelmente illuminato da sotto e di sorpresa, ecco dunque presentarsi col suo largo sorriso di idiota integrale e patentato il buon soldato Svejk, bevitore di birra, ladro di cani e venditori di cuccioli bastardi, malalingua ed infaticabile attaccabottone, piantagrane atomico. (…) Come un misterioso corrosivo, Sveij tramuta in stracci e immondizie i galloni e le decorazioni della più rispettabile gente in uniforme e in borghese, la quale venera nel vecchio imperatore e nella bandiera giallonera la sicurezza di quel mondo che, avendo resistito alla Rivoluzione francese, par loro protetto da un patto di eterna amicizia e assistenza fra il sovrano «per grazia di Dio» e il cielo dell’impero austro-ungarico. Questo libro di guerra, in cui la guerra dapprima minaccia solo in una mitica lontananza (il romanzo restò incompiuto e lo finì, ma non con pari genialità, Karel Vanek, dopo la morte dell’autore), è anche il primo grande romanzo in cui la retrovia, il fronte interno, appaiono in primo piano e in cui vengono descritte con una brutalità senza precedenti la vita di caserma e d’ospedale, lo spionaggio poliziesco e i misteri di una casta militare abituata a considerarsi protetta dalla Divinità e dominatrice d’Europa. Mentre il grido di protesta di Barbusse s’alza nel «Fuoco», talvolta ossessionato dal reale, dal vero, in Hasek, dove tutto è fantasia, bugia, invenzione, tutto è documento, tutto diventa reale nel continuo affluire degli aneddoti che toccano il parossismo e vengono forzati fino ad un assurdo clownesco contro cui non esiste difesa. (…) Con Svejk la letteratura ceca conquista un’altra delle sue posizioni di punta nel pensiero e nella letteratura europea” (dalla Prefazione di Luigi Salvini) (pag 5-10) [Jaroslav Hasek, ‘Le avventure del buon soldato Svejk. I. Svejk va soldato. II. Svejk attendente. III. Svejk cerca il reggimento. IV. Svejk verso il fronte’, Feltrinelli editore, Milano, 1951-52]