Le spese di guerra pesavano sulle casse della tesoreria dei grandi imperi

“Non fu possibile in quegli anni contrapporre a queste uscite (debiti connessi all’elezione imperiale, spese della corte, spese militari ecc., ndr) le entrate concomitanti di Castiglia: lo impedivano le contese delle comunità. Nonostante i memorabili avvertimenti delle cortes di Santiago-La Coruña, l’imperatore non avrebbe potuto immaginare, nel momento in cui si apprestava a partire, la gravità della ribellione covata, e quasi sul punto di esplodere, che avrebbe turbato la vita del regno e, in particolare (ciò che qui ci riguarda), l’ordine dell’amministrazione e il corso della riscossione delle rendite reali. Carlo V, al suo ritorno, trova estinte le casse della tesoreria, proprio nel momento in cui i creditori, non soddisfatti dal 1520, reclamavano il loro denaro, fuori e dentro il paese, e proprio quando era necessario reclutare ed equipaggiare eserciti in Navarra e Guipúzcoa, occupate dal sovrano sconfitto nell’elezione imperiale, e riunire altre truppe perché a Genova e nel Milanesato rispondessero agli attacchi dello stesso contendente. Quel nodo si presenta, attraverso diverse caratteristiche, con tre gruppi di ‘asientos’ (accordi commerciali e finanziari, ndr), chiamati a coprire: a) i debiti dell’elezione e loro annessi; b) le spese della guerra in Navarra e Guipúzcoa, e c) l’inaugurazione delle campagne d’Italia da parte di Carlo V” [Ramón Carande, ‘Carlo V e i suoi banchieri’, Marietti, Genova, 1987] [Ramón Carande nasce a Palencia nel 1887. Si laurea in diritto all’Università di Madrid nel 1910; tra il 1911 e il 1914 compie studi di economia a Monaco, Berlino, Vienna e Londra; nel 1915 diventa professore di Economia Politica e Scienza delle Finanze all’Università di Murcia; nel 1918 passa all’Università di Siviglia dove resta fino al 1957, anno del suo ritiro in pensione. Fra le sue opere ricordiamo ‘Sevilla, fortaleza y mercado’ (1924)]