Ogni qual volta si ha bisogno di un operaio, se ne presentano dieci e il capitalista sceglie colui che chiede meno… (Francia, 1792)

“L’assemblea elettorale della Seine-et Oise tornò alla carica il 19 novembre con una petizione di grande risonanza. L’oratore che la lesse alla sbarra era il futuro convenzionale Goujon, destinato a figurare tra gli ultimi montagnardi, allora procuratore generale sindaco del dipartimento. Per la prima volta il problema era posto con franchezza in tutta la sua vastità e la questione dei salari era collegata a quella dei viveri: «Cittadini, il primo principio che no vi dobbiamo esporre è questo: la libertà di commercio dei grani è incompatibile con l’esistenza della nostra Repubblica. Di che è composta la nostra Repubblica? D’un piccolo numero di capitalisti e di un gran numero di poveri. Chi fa il commercio dei grani? Quel piccolo numero di capitalisti. Perché lo fa? Per arricchirsi. Come può arricchirsi? Col rialzo del prezzo dei grani nella rivendita che en fa al consumatore. Ma voi noterete anche che questa classe di capitalisti e proprietari, oltre a esser padrona a causa della libertà illimitata del prezzo dei grani, lo è anche della fissazione delle tariffe della giornata di lavoro; perché, ogni qual volta ha bisogno di un operaio, se ne presentano dieci, e il ricco può scegliere; ora, egli sceglie colui che chiede meno; egli fissa il prezzo e l’operaio si sottomette alla sua legge perché ha bisogno di pane e questo bisogno non può rimandarlo». E Goujon, dopo aver formulato con nettezza quella che Karl Marx chiamerà più tardi la «legge bronzea dei salari», citava cifre impressionanti: «La giornata lavorativa è pagata da 16 a 18 soldi, mentre il grano è a 36 lire al sestiere, che pesa da 260 a 270 libbre… Il salario non basta dunque per vivere». Solo la legge poteva ripristinare l’equilibrio tra salari e viveri. La legge del 16 settembre era insufficiente, perché era soltanto una mezza misura: «Ogni mezzo parziale è in questo campo pericoloso e impotente; niente mezzi termini, essi ci distruggono… Per contare sul commercio, bisogna che la libertà sia intera e, al primo impaccio, il commercio è fatalmente distrutto». Che fare dunque? Goujon concludeva con precisione: «Ordinate che tutti i grani siano venduti a peso. Fissate la tariffa massima; portatela per quest’anno a 9 lire al quintale, prezzo medio buono tanto per il coltivatore quanto per il consumatore… Annientate le grandi locazioni, che concentrano in mani colpevoli quantità considerevoli di grani…, nessuno possa pagare gli affitti in grani; e infine nessuno possa essere insieme mugnaio e fittavolo. Infine affidate a un’amministrazione centrale scelta dal popolo il compito d’approvvigionare ogni parte della Repubblica, e vedrete che l’abbondanza dei grani e la giusta proporzione fra il loro prezzo e quello della giornata di lavoro restituirà la tranquillità, la felicità e la vita a tutti i cittadini»” (pag 110-111) [Albert Mathiez, ‘Carovita e lotte sociali sotto il Terrore’, Einaudi editore, Torino, 1949]