‘Per Hegel la maggior parte degli Stati storici erano corrotti dalla confusione fra gl’istituti di diritto privato e gli istituti di diritto pubblico’

“Una delle critiche più radicali fu quella di Hegel. Dalla sua prima opera politica (‘La costituzione della Germania’) sino alle lezioni di filosofia del diritto (nelle varie redazioni oggi accessibili grazie alla monumentale edizione di (Karl-Heinz) Ilting), Hegel non si stancò di criticare e screditare la teoria del contratto sociale, ogni volta che l’argomento gliene offriva l’occasione. La critica di Hegel alla teoria contrattualistica è fondata soprattutto sulla netta distinzione fra diritto privato e diritto pubblico e sulla considerazione del diritto privato come momento inferiore e negativo del processo di realizzazione dell’idea del diritto, e del diritto pubblico come momento superiore e positivo. Una delle conseguenze che derivano dalla subordinazione del diritto privato al diritto pubblico è, secondo Hegel, che lo stato come ente di diritto pubblico (interno ed esterno) non può essere fondato su un istituto tipico del diritto privato com’è il contratto. Brevemente, il contratto procede dall’arbitrio dei due contraenti, e non da una volontà a loro superiore; la volontà che ne deriva è una volontà comune e non una volontà generale; oggetto del contratto è sempre una singola cosa esterna e non tutte le cose esterne cui si applica il dominio dello stato. Al contrario, lo stato è, o più precisamente deve essere, per essere uno stato nel pieno senso della parola, l’espressione di una volontà superiore a quella dei singoli individui; è o deve essere l’espressione della volontà generale attraverso le leggi, ovvero delle leggi, sono o possono essere tutte le cose esterne la cui regolamentazione è necessaria alla vita di quella totalità organica e organizzata che è, appunto, secondo Hegel, lo stato. (…) Non già che Hegel ritenesse che tutti gli stati storici avessero realizzato l’idea puramente razionale della supremazia del diritto pubblico sul diritto privato. Anzi per lui la maggior parte degli stati storici erano corrotti dalla confusione fra gl’istituti di diritto privato, quali la proprietà e il contratto, e gli istituti di diritto pubblico. Ma in quanto tali non erano veri e propri stati e contrassegnavano le epoche di decadenza, qual era ad esempio l’età feudale, in cui l’obbligo di fedeltà de vassallo verso il suo signore «non è un dovere verso l’universale ma un’obbligazione privata, esposta ad un tempo all’accidentalità, all’arbitrio, alla violenza» (4)” [Norberto Bobbio, ‘Contratto sociale, oggi’, Guida editori, Napoli, 1980] [(4) G.W.F. Hegel, ‘Lezioni sulla filosofia della storia’, trad. it., Firenze, La Nuova Italia, 1963, vol. IV, p. 69]