La ‘Napoli a occhio nudo’ di Renato Fucini

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FUCINI Renato (Neri Tanfucio), Tutti gli scritti. CASA EDITRICE LUIGI TREVISINI. MILANO. 1956 pag 1037 8° nota dell’editore, note. [‘S’io ti dovessi dipingere i colori del camaleonte o disegnarti le forme di Proteo, in verità mi sentirei meno imbrogliato che a darti una netta definizione di quello che mi è sembrato essere il carattere di questo popolo. È così instabile, così pieno di contraddizioni; si presenta sotto tanti e così disparati aspetti dagli infiniti punti di vista da cui può essere osservato, che su le prime è impossibile raccapezzarsi. Ad un tratto ti sembreranno ingenue creature e ti sentirai portato ad amarle; non avrai anche finito di concepire questo sentimento, che ti appariranno furfanti matricolati. Ora laboriosissimi per parerti dopo accidiosi, talvolta sobri come Arabi nel deserto, tal altra intemperanti come parassiti; audaci e generosi in un’azione, egoisti e vigliacchi in un’altra. Passano dal riso al pianto, dalla gioia più schietta all’ira più forsennata, con la massima rapidità, per modo che in un momento li crederesti deboli donne e fanciulli, in un altro, uomini in tutto il vigore della parola; insomma, la loro indole non saprei n massima definirla, altro che con la parola: ‘anguilliforme’, poiché ti guizza, ti scivola così rapidamente da ogni parte che quando credi d’averla afferrata, allora proprio è quando ti scapola e ti lascia con tanto di naso e con le mani in mano. (…) La plebe sola, questa massa enorme di straccioni, in mezzo ai quali quasi si perdono e sembrano ospitalmente tollerati gli altri ceti, mi ha dato nell’occhio ed ho preso diletto ad osservarla, come ora mi divertirò a dirtene quello che me ne è sembrato, buttando da parte quella rancida lira che ogni rispettabile citrullo, capitando in questo paese, agguanta insatirito per cantare il vieto inno di moda alla Sirena, senza capire che è tempo di smetterla, perché di Grazielle, di chitarre e di Sirene se n’è detto già tanto che ora basta. Di tutte le plebi, in mezzo alle quali mi son ritrovato girellando per l’Italia, quella di Napoli è senza dubbio la più originale e la più grottesca di tutte. Basta guardare in viso questa gente per capire che son furbi come gatti; serve dare un’occhiata alle loro membra per ammirarne la eleganza delle proporzioni e per ridere del modo col quale le adoperano negli usi più comuni della vita. Allorché parlano, la lingua è il membro che soffre minore attrito di tutti. Chiudono gli occhi, li riaprono e li battono come bertucce; sgualciscono le labbra; con le mani affettano l’aria in tutti i sensi; si scuotono, si torcono su la vita in modo che qualche volta la lingua si mette in riposo assoluto e conversano ed esprimono i più riposti sentimenti dell’animo con un gergo tacito che chiamerei ‘semaforico’, corrugando la fronte, stralunando gli occhi e lavorando di braccia, di mani e di dita come allievi del più accreditato istituto dei sordomuti. (…)’] [‘Napoli a occhio nudo. Lettere ad un amico’][ISC Newsletter N° 97] ISCNS97TEC [Visit the ‘News’ of the website: www.isc-studyofcapitalism.org] 

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