Voci senza volto che levavano fino al re l’alta protesta contro la follia sanguinaria di una guerra non capita, o capita fin troppo

“Queste lettere indirizzate a Vittorio Emanuele – una settantina, trascelte per il loro vigore paradimmatico (politico, sociale, ideologico, o puramente umano) tra le centinaia di altre, che la macchina stipatrice della burocrazia ha custodito con la consueta diligenza – sono lettere anonime: voci senza volto, quasi tutte popolane, che non senza ingenue speranze (ma con rabbia o dolore, supplici o minacciose) levavano fino al re l’alta protesta contro la follia sanguinaria di una guerra non capita, o capita fin troppo in tutti i suoi aberranti risvolti. Lettere anonime…: un genere di scrittura disistimato, e solitamente a ragione. E, allora, il problema è questo: in che chiave proporne la lettura, in modo da afferrarvi, nonostante tutto, il senso e la forza di una storica testimonianza? Il puntuale riscontro con lo stato dello «spirito pubblico» – popolo e esercito, fronte interno e militare – è indispensabile. Questo è un altro terreno su cui oggi gli studi sono giunti ad alcune conclusioni assai illuminanti. Anticipiamone subito un paio, che mi sembrano principalissime: 1. La guerra non ebbe il consenso delle masse popolari; 2. la guerra non fu «rigenerazione morale» e «unificazione civile» del paese, ma accelerò, tutt’al contrario, il processo corruttivo e di scompaginamento delle sue strutture politiche e sociali. Proprio di qui vengono le indicazioni per la corretta lettura delle «lettere al re». Commisurandole con così gravi rilievi di ordine generale, su una dimensione di massa che rettifica, in quantità ma anche in qualità, la visione degli eventi, non è certo difficile intendere che le ricorrenti minacce di morte, la dura o dileggiante invettiva non sono in esse la cosa essenziale (e pur restano prove intrascurabili di collera popolare, nel suo tipo spietato e impulsivo); e che non è personale il movente della protesta, o quando anche lo è, esplodendo da esperienza direttamente toccata di lutti, ingiustizie e patimenti, non cessa per questo di conservare integralmente il segno del dramma collettivo” (pag 20-21) [introduzione di Renato Monteleone, (in) ‘Lettere al re, 1914-1918’, a cura di Renato Monteleone, Editori Riuniti, Roma, 1974] [nota: alcuni titoli redazionali delle lettere: ‘Prima della guerra verrà la rivoluzione’ (pag 70-71); ‘Nascerà dal proletariato la rivoluzione’ (pag 142-143); ‘Presto farai pur, come à fatto Zar di Russia’ (pag 132); ‘Emuli dei russi’ (pag 141-142); ‘Soldati e popolo saremo un esercito solo’ (pag 160-161), ndr]