Motivazioni dell’Operazione Barbarossa. Trattative bilaterali nazi-sovietiche e preparazione militare

“La battaglia d’Inghilterra era stata decisa, come abbiamo visto, con l’intento di sbarazzarsi dell’ultimo nemico rimasto ad occidente, prima di liquidare i conti ad oriente. Dileguata la speranza di una vittoria definitiva sulla Gran Bretagna, tornò ad affiorare in primo piano nella mente di Hitler la questione dell’attacco all’Urss. Anch’essa però non senza molte contraddizioni e incertezze. Sembra certo che in un primo momento, nel corso di settembre, quando ancora le sorti della battaglia di Londra non erano decise, egli invece che ad attaccare pensasse piuttosto a difendersi: tanto grandi erano le preoccupazioni suscitate in lui dalla abilità con cui l’Urss aveva saputo sfruttare nel frattempo le condizioni create dal patto di non aggressione del ’39. Il lungo e rischioso duello diplomatico, celato all’ombra dei buoni rapporti tedesco-sovietici, s’era risolto in una serie di clamorosi scacchi per il III Reich. Se la Germania aveva ricavato dal patto di non aggressione qualche vantaggio notevole ma provvisorio, come il rifornimento di materie prime e di viveri, l’Urss aveva ottenuto in cambio qualche cosa di assai più importante e decisivo: in sostanza la riacquisizione dei suoi vecchi confini a nord e a sud-ovest, consolidando enormemente la sua sicurezza strategica. È del principio dell’agosto la costituzione delle tre repubbliche socialiste d’Estonia, Lituania e Lettonia e il loro ingresso nella federazione dei popoli dell’Urss. Nello stesso mese tornavano all’Urss i territori che le erano stati strappati dalla Romania nell’immediato dopoguerra, la Bessarabia, costituitasi in Repubblica socialista di Moldavia e la Bucovina del nord, annessa alla Repubblica d’Ucraina. Hitler doveva sentirsi bene allarmato e preoccupato per questi successi della politica estera sovietica, che agivano prontamente da contrappeso ai suoi successi nella campagna di Francia. Così venne concepita in settembre e messa a punto nel mese successivo la «operazione est» con intenti ancora difensivi, e cioè nella prospettiva del paventato attacco da parte dell’Urss. Al tempo stesso riprese il duello diplomatico e si sollecitò la venuta di Molotov a Berlino per discutere le questioni in sospeso. Scopo essenziale da parte nazista: deviare la potenza militare dell’Urss verso sud, verso il golfo Persico e l’India, addormentare la diffidenza e la vigilanza sovietica, prospettando addirittura la possibilità di una adesione dell’Urss al tripartito. Ma la trappola era evidentemente troppo grossolana per poter scattare. Abbiamo sull’esito dei colloqui di Berlino una testimonianza d’eccezione, quella fornita direttamente da Stalin a Churchill nell’agosto ’43; testimonianza che lo stesso ‘premier’ britannico riconosce «sostanzialmente analoga alla versione tedesca, ma assai più succosa». Così parla Stalin nella narrazione di Churchill: « – Quando Molotov andò a conferire con Ribbentrop nel novembre ’40, voi ne aveste il sentore e faceste una incursione aerea. – Feci un cenno affermativo. – Quando suonò l’allarme Ribbentrop fece da guida per molte scale sino a un profondo rifugio sontuosamente ammobiliato. Quando vi entrò era già cominciata l’incursione. Chiuse la porta e disse a Molotov: “Adesso noi qui siamo soli. Perché non dovremmo fare causa comune?”. Molotov disse: “Che dirà mai l’Inghilterra?”. “L’Inghilterra – disse Ribbentrop, – è finita. Non è più una potenza”. “Se è così, – disse Molotov, – perché siamo in questo rifugio e di chi sono queste bombe che cadono ?”». L’episodio rispetta al vivo la realtà dei rapporti tedesco-sovietici. C’è solo da integrarlo con l’osservazione che proprio mentre erano in corso i colloqui di Berlino il 12 novembre, veniva enunciata la direttiva militare numero 18 in cui era detto testualmente: «Quali che siano i risultati di tale conferenza saranno fatti preparativi per una campagna all’est». Constatata l’impossibilità di mettere nel sacco i russi, Hitler decideva di prendere lui stesso l’iniziativa e di troncare una situazione divenuta troppo pericolosa” (pag 115-116) [Roberto Battaglia, ‘La seconda guerra mondiale. Problemi e nodi cruciali’, Editori Riuniti, Roma, 1964]