I rapporti con la Germania nazista. La “Deutsche Fiat”

“La Fiat, in coincidenza con il notevole impulso dato dal regime nazista allo sviluppo della motorizzazione, aveva anzi voluto portarsi in Germania su un piano di «collaborazione costruttiva», passando dal semplice commercio d’esportazione alla fabbricazione sul posto, nel Württemberg, di propri modelli in serie con manodopera e tecnici tedeschi: nell’ambito dello stesso «piano quadriennale» elaborato dal governo tedesco per il riassorbimento della disoccupazione e il potenziamento dell’economia. Dalla NSU – ricostruita con l’appoggio della Dresdner Bank e alla cui sovrintendenza Agnelli aveva dislocato uno degli uomini più abili del suo ‘staff’, Piero Bonelli -, uscivano più di diecimila vetture l’anno. E nell’agosto 1938 Mussolini aveva voluto che proprio nella fabbrica di Heilbronn venisse sancita, anche a livello operaio, la rinnovata intimità di rapporti con la Germania nazista. Più di duecento lavoratori della Fiat erano stati così trasferiti in Germania, per una settimana, tra l’8 e il 13, ospiti del Fronte del lavoro, per una serie di cerimonie di «cameratismo e di solidarietà», che avevano visto, fra l’altro, la presenza ufficiale della delegazione italiana al grande raduno indetto da ‘gauleiter’ Julius Streicher per la demolizione della sinagoga di Norimberga. Ciò non toglie che, dietro l”entente’ politica e la stessa consistenza dei rapporti economici stabiliti con il governo di Berlino, continuassero ad agitarsi difficili problemi di convivenza tra la Fiat e l’industria tedesca, allorché il confronto si spostava sul mercato internazionale, in particolare nei paesi dell’Europa orientale” (pag 570-571) [Valerio Castronovo, ‘Giovanni Agnelli, Utet, Torino, 1971]