“Carattere essenziale di un’alleanza, quasi per definizione, è che le divergenze tra i suoi membri e il nemico comune siano maggiori di quelle tra un membro e l’altro. Poiché una sembianza di concordia e una delle sue armi più efficaci, una coalizione non potrà mai ammettere che uno dei suoi membri costituisca una minaccia grave quasi quanto il nemico comune, e anzi forse sempre più grave, man mano che le vittorie modificano i rapporti di forza. Le coalizioni fra potenze, chiamiamole così, «statiche» e «dinamiche» sono, perciò, sempre precarie, e tendono a poggiare su un equivoco o su un’evasione, su un equivoco, perché una coalizione del genere sarà incline a risolvere con relativa facilità le questioni secondarie (quelle, cioè, rilevanti per alcuni membri soltanto, e tali da non modificare il rapporto di forza fondamentale), mediante il mutuo riconoscimento di rivendicazioni particolari. Su un’evasione, perché quanto più si rimanda, durante una guerra vittoriosa, la soluzione delle questioni di fondo, tanto più forte diventa la posizione della potenza dinamica sul piano militare e su quello psicologico. La sconfitta totale del nemico elimina, se non altro, un peso sulla bilancia, e pone la potenza statica di fronte all’alternativa di una resa o di una guerra contro l’ex alleato, la cui posizione relativa è migliorata per la sconfitta del nemico. La potenza statica, quindi, cercherà di imporre la definizione degli obiettivi di guerra nella fase più precoce possibile del conflitto, mettendo sul suo piatto, in sostanza, il peso o la paura del nemico. Finché il solco tra l’alleato dinamico e il nemico comune resta sufficientemente ampio, il desiderio di vittoria o il timore di vendetta può bastare a imporre la concordia. Questo era il disegno di Metternich nella campagna diplomatica conclusasi con l’ingresso dell’Austria nella coalizione, e questa doveva restare la sua linea politica per tutta la guerra. Tutto all’opposto, la potenza dinamica tenterà di rimandare una sistemazione definitiva il più a lungo possibile; e in questo sforzo avrà tutti i vantaggi dalla sua. Se insisterà sul fatto che gli accordi finali devono dipendere dalla situazione militare, tenderà a provocare una guerra totale, che crei un vuoto di potere mediante l’annientamento del nemico; e quanto più grande sarà il vuoto, tanto più grave apparirà l’alterazione dell’equilibrio e più «naturali» le aspirazioni non limitate. Solo una pace separata può essere di ostacolo, ma la potenza statica troverà sempre grande difficoltà, sul piano psicologico se non materiale, a concludere la guerra violando i trattati vigenti, poiché il vero obiettivo per cui si batte, la stabilità, dipende proprio dal riconoscimento dell’inviolabilità dei rapporti internazionali” (pag 107-108) [Henry Kissinger, L’Europa ridisegnata dalla democrazia. Metternich, Castlereagh e il problema della pace’, Le due rose editore, Milano, 2019]