“Ma l’evento che aggrava in maniera decisiva il quadro generale agli occhi dei massimi vertici politici Alleati è il contemporaneo precipitare della situazione in Grecia con il prodursi di una insurrezione comunista che, tra l’altro, distoglie uomini e mezzi dal teatro italiano. È difficile sopravvalutare lo shock di questo evento anche su un uomo come Macmillan, responsabile dell’intero teatro mediterraneo, e costretto per settimane a fare da spola tra Napoli-Roma e Atene. Da mesi Macmillan era in allarme per la situazione greca (48) e non è certamente un caso che ogni volta che parla di partigiani italiani tira fuori l’esempio greco, a partire dal giorno stesso (17 novembre) in cui approva preventivamente gli accordi con il CLNAI (49). Alcune settimane dopo (7 dicembre 1944) Macmillan annota nel suo diario. «Quel che è successo in Grecia è chiaro. Se cediamo adesso, compiremo il primo atto di accomodamento al fascismo di sinistra nel paesi liberati. Intendo dire daremo via libera alla dittatura del proletariato» (50). Questo atteggiamento tuttavia non impedisce che lo stesso Macmillan difenda gli accordi con il CLNAI contro le proteste del Foreign Office (51). Anche il generale Alexander in una riunione del Comitato politico del Quartiere generale alleato, il 19 dicembre, di fronte ad una ennesima obiezione, replica di «giudicare vantaggioso un eventuale accordo tra governo italiano e CLNAI. Non avrebbe però preso in considerazione ‘alcuna’ modifica dell’accordo da lui stipulato con il CLNAI» (52). Come si vede, nonostante tutto, gli Alleati tengono distinte le due diverse situazioni politico-militari in Grecia e in Italia. Il caso greco funge solo da allarme rosso per non perdere il controllo anche in Italia. Non tutti gli uomini della Resistenza italiana capiscono la gravità che la questione greca riveste per i responsabili militari e politici inglesi, in difficoltà anche con l’opinione pubblica in patria e con l’alleato americano. Alcuni comunisti, travolgendo il senso della vicenda, arrivano a considerare il caso greco poco più che un pretesto per colpire il movimento italiano. Vedono nell’intervento armato inglese la conferma dell’ostilità verso tutti i movimenti di Liberazione nazionale guidati dai comunisti – dimenticando l’appoggio rilevante che gli stessi inglesi stanno fornendo a Tito. In realtà il comportamento britannico nell’area mediterranea e balcanica non si spiega tanto con l’anticomunismo quanto con la preoccupazione di perdere influenza in zone geografiche ritenute vitali. Proprio alla vigilia del rientro della delegazione nell’Italia settentrionale il generale Alexander è fatto segno di fucilate ad Atene. È inevitabile che ritornino gli interrogativi «i partigiani italiani nei ranghi dei quali le forze comuniste o figuranti tali sono in maggioranza, come si comporteranno? Continueranno a combattere fino alla Liberazione? Consegneranno poi le armi o le adopereranno contro gli Alleati, sull’esempio dei greci? Il CNLAI resterà compatto in questi mesi o le differenze politiche lo disuniranno? (53). Sono domande che si pone lo stesso Pizzoni cercando di dare ad essi una risposta che rassicuri gli amici del SOE improvvisamente diventati «dubitosi e angustiati»” (pag 92-93) [Gian Enrico Rusconi, ‘Resistenza e postfascismo’, Il Mulino, Bologna, 1995] [(48) Il 12 settembre 1944 scrive sul suo diario: «I tedeschi stanno abbandonando le isole del mar Egeo e il Peloponneso e si verifica un vuoto che qualora non fosse colmato da un legittimo governo greco, ecco che l’Elan/Elas si arrogherà senza dubbio il potere e così nei Balcani verrà installato un altro regime comunista (o brigantesco). E allora dove sarà andato a finire il prestigio britannico?» (‘Diari di guerra’, p. 709); (49) «Stiamo già lavorando ad un progetto per smobilitare i partigiani dopo la Liberazione non volendo che succeda in Italia quello che si è permesso che succedesse in Grecia» (Ibidem, p. 795); (50) Queste frasi sono precedute da annotazioni altrettanto significative: «La Grecia è ormai in stato di rivoluzione, l’Italia continua a non avere un governo. In entrambi i casi ci siamo separati dal nostro alleato americano e gran parte dell’opinione pubblica inglese si mostra turbata o ostile» (ibidem, pp. 812-13); (51) «30 dicembre 1944. Ci sono stati guai a riguardo di un accordo tra il CLNAI, il quartier generale alleato e il governo italiano. Il Foreign Office ha tirato le cose per le lunghe in maniera pedantesca. Sono convinto che Alexander abbia fatto benissimo a decidere come ha deciso e il l’ho appoggiato, telegrafando in questo senso al Foreign Office» (in Istituto nazionale per la storia del movimento di Liberazione in Italia, ‘L’Italia nella seconda guerra mondiale e nella Resistenza’, Milano, Angeli, 1988, p. 854); (52) In Deakin, ‘Lo Special Operations Executive e la lotta partigiana’, cit, p. 21; (53) Pizzoni, ‘Alla guida del CNLAI’, cit., p. 130]
Gli inglesi, la crisi greca e la Resistenza italiana
- Autore dell'articolo:Gianfranco Bozzano
- Articolo pubblicato:14 Dic 2024
- Categoria dell'articolo:ISC NEWS