Garibaldi e le premesse della sconfitta di Mentana

“Lo scopo immediato di Garibaldi non era religioso ma politico: cacciare il Papa da Roma. Ricordava alla gente che nella Roma rivoluzionaria del 1849 l’assemblea repubblicana eletta gli aveva concesso i pieni poteri, in virtù dei quali protestava ora contro la “pestilenziale istituzione”, il Papato. Contro la “negazione di Dio” governante l’Urbe venivano invocate la giustizia e la legge internazionale, e il governo del Papa era audacemente dichiarato illegale. Questo nel marzo del 1867. Ricciotti Garibaldi ricevette allora l’ordine di raccogliere denaro nella protestante Inghilterra; un fondo per campagne militari ebbe un grosso contributo dal ricco finanziere Adriano Lemmi, che aveva sottoscritto la maggior parte delle insurrezioni mazziniane. Un proclama ingiunse a tutte le patriote di rimettersi a fare camicie rosse. Si stabilirono contatti con i comitati rivoluzionari di Roma e i Romani furono rimproverati per non essere insorti alcuni mesi prima, allorché le guarnigioni francesi erano state ritirate. Nel giugno una deputazione da Roma si recò addirittura a visitare Garibaldi. Credulo come sempre, egli non penetrò al di là della loro fiorita retorica e si contentò di assumere che quei pretesi rivoluzionari parlassero sul serio. Poteva sempre credere ciò che voleva credere, e spesso non teneva conto del tipo di persona con cui trattava. Nella sua mente si formò così la convinzione che il popolo volesse ad ogni costo una guerra rivoluzionaria per Roma” (pag 142) [Denis Mack Smith, ‘Garibaldi. Una grande vita in breve’, Lerici editore, Milano; 1968]