Il ‘popolano’ Niccolò e il ‘nobile e facoltoso’ Francesco: i rapporti tra Machiavelli e Guicciardini

“Un ultimo, significativo episodio della diffusione manoscritta dei grandi testi politici del Machiavelli è rappresentato dalle ‘Considerazioni ‘ di Francesco Guicciardini sopra i ‘Discorsi’ liviani dell’amico scomparso tre anni avanti. Tardivi, ma abbastanza folti rapporti epistolari (47) e personali avevano legato i due uomini, generando un’autentica reciproca stima, che ben merita il nome di amicizia, per quanto un tale sentimento potesse legare in quell’età due personaggi di professione e interessi tanti affini, ma di così diversa estrazione: popolano e povero e consumato in non illustri uffici Niccolò; nobile e facoltoso e investito di alte cariche Francesco, il quale alle soglie della trentina – l’età in cui Machiavelli appena esce dall’ombra – già regge l’ambasciata di Spagna e, negli anni in cui Niccolò si logora nell’umiliata inazione, svolge gravosi compiti di governo nello Stato ecclesiastico. Il loro fu dunque un incontro difficile, in cui la considerazione meditata dovette pesare più della simpatia spontanea, e se si accostarono e si compresero, tanto maggior merito va reso a colui che avrebbe potuto guardar l’altro dall’alto e distrattamente. Invece, malgrado la proverbiale riservatezza del Guicciardini, il ghiaccio si sciolse, come mostrano certe lettere confidenziali e scherzose, e dal carteggio emerge, da parte del più giovane, una penetrazione acuta della personalità appassionata e beffarda dell’altro. «El Machiavello si truova qua», scrive Francesco con distaccata sfiducia, «Era venuto per riordinare questa milizia, ma, veduto quanto è corropta, non confida di averne onore. Starassi a ridere degli errori delli uomini, poi che non gli può correggere» (48). E un altro giorno, con abbandono inconsueto, confessa a Niccolò che lo riconosce «extravagante di opinione dalla commune et inventore di certe cose nuove et insolite» (49). La discussione postuma si svolge pertanto in un clima di profondo rispetto, su un piano pacata ricerca scientifica, fra due uomini che hanno misurato la reciproca statura e possono guardarsi negli occhi. Questa comprensione non esclude ovviamente i dissensi, da quelli molteplici delle opinioni, all’ultimo e più segreto del temperamento e del modo stesso di concepire gli uomini e il mondo, che sono appunto quelli documentati nelle ‘Considerazioni’ (30) (…)” (pag 46-47) [Luigi Firpo, ‘Scritti sul pensiero politico del Rinascimento e della Controriforma’, Utet, Torino, 2005] [(47) La prima lettera superstite è quella di Francesco a Niccolò del 1 maggio 1521 (‘Lettere’; cit., pp. 401-402. Il Guicciardini (1482-1540) era di tredici anni più giovane del Machiavelli e di altrettanti gli sopravvisse; (48) Il Guicciardini a Roberto Acciaiuoli (Marignano, 18 luglio 1526); in F. Guicciardini, ‘Carteggi’, a cura di P.G. Ricci, Roma, 1959, vol. IX, pp. 15-16; (49) Il Guicciardini al Machiavelli (Modena, 18 maggio 1521) in ‘Lettere’, cit., p. 408. Le guicciardiniane ‘Considerazioni intorno ai Discorsi del Machiavelli sulla prima di Tito Livio’, serbate nell’autografo, vennero pubblicate per la prima volta da G. Canestrini in F. Guicciardini, ‘Opere inedite’, Firenze, 1857, vol. I, pp. 1-79; si vedano ora in F. Guicciardini, ‘Scritti politici e Ricordi’; cit., pp. 1-65. Sul rapporto tra Machiavelli e Guicciardini la letteratura è vastissima (…)]