“In questo rapido susseguirsi di avvenimenti, bisogna riconoscere che mentre le forze coalizzate dell’Aventino avevano, se non altro, capito che la loro fortuna politica risiedeva unicamente nell’uso dei mezzi legali offerti loro dalla possibile convergenza tra conservazione democratico-liberale e tradizione monarchica e agivano conseguentemente, il partito comunista annaspava tra legalitarismo parlamentare e fraseologia massimalista. Se da una parte la direzione gran-isolana subiva la suggestione della questione morale che l’Aventino avanzava come sufficiente a liquidare Mussolini e con lui il fascismo, dall’altra subiva passivamente l’iniziativa della sinistra del partito che si dissociava dalla politica della partecipazione dell’Aventino e demistificava di fatto la questione morale con il discorso di Ruggero Grieco elaborato non sotto il controllo della direzione del partito, ma in casa di Bordiga e per sua diretta ispirazione. (…) Ma intanto la direzione gramsciana continua il sordo lavoro di penetrazione e di conquista dell’apparato del partito; chi, infatti, non sa o non vuole muoversi nel fuoco della lotta, è sempre maestro nell’intrigo politico. La fisionomia del partito nella fase Matteotti e immediatamente dopo Matteotti, non è praticamente cambiata; il centro è sempre avulso dalla base, è sempre più apertamente il centro di Mosca e dell’internazionale mentre la base del partito è ancora sotto l’influenza ideologica e politica della sinistra italiana; l’apparato è ancora parzialmente inoperante; si procede alla defenestrazione di alcuni compagni della sinistra dagli organi direttivi dell’organizzazione; tutto questo coincide con l’apertura del dibattito per il congresso di Lione. Ma anche in casa nostra, anche in casa della sinistra italiana c’è qualche cosa da vedere criticamente e da rimuovere: non si lascia una base organizzativa come quella della sinistra e soprattutto quadri saldamente formati in balia degli eventi senza una direzione, senza una responsabilità organizzativa. Il compagno Bordiga, defenestrato d’autorità dal centro del partito, si era praticamente auto-defenestrato dalla vita politica attiva e non assumeva nessuna responsabilità ufficiale, neppure nell’ambito della sua stessa corrente. (…)” (pag 41-44) [Onorato Damen, estratto dal saggio “1919-1926. Una battaglia perduta”, in ‘Prometeo’, n. 32, dicembre 2024]
Lotta politica in Italia prima e dopo l’assassinio di Matteotti
- Autore dell'articolo:Gianfranco Bozzano
- Articolo pubblicato:13 Gen 2025
- Categoria dell'articolo:ISC NEWS